SANITÀ DI GENERE

Il concetto di “salute e medicina di genere” nasce dall’esigenza dello studio delle differenze per assicurare ad ognuno l’appropriatezza delle cure e la loro efficacia e una conseguente nuova programmazione dei servizi che tenga conto di queste differenze. In buona sostanza, si ha a che fare con una vera e propria integrazione trasversale di specialità e competenze mediche per formare la cultura della presa in carico della persona, tenendo presenti le differenze di genere non solo sotto l’aspetto anatomo-fisiologico, ma anche in riferimento alle differenze biologico-funzionali, psicologiche, sociali e culturali e di risposta alle cure. Parlare di salute di genere rappresenta uno degli esempi “ponte” tra le scienze umane e quelle biomediche. Primo e più importante aspetto di cui tenere conto riguarda il fatto che quasi sempre “malati non si nasce, si diventa”. Comprendere i motivi per i quali ci si ammala, per le donne in particolare, significa comprendere dove e quanto l’ambiente e la gestione della vita incidono sulla salute. Il ruolo centrale della donna nella società, nella cura familiare dei soggetti deboli, dei bambini, degli anziani, dei malati, è un valore importante che si riflette sulla salute. Esiste infatti un legame forte tra l’esistenza di una rete efficiente di servizi a supporto della vita quotidiana e il benessere della donna che – come è implicito – sta meglio se è circondata da una rete territoriale che risponde nei tempi e nei modi giusti ai bisogni sociali. L’importanza dei servizi territoriali efficienti e potenziati è un tema cruciale da affrontare. Il servizio sanitario pubblico, il welfare come fondamento della società e le sue riforme innovative, il riconoscimento dei diritti delle donne, la difesa dei più deboli, la capacità di riformare e ripensare il Paese per rispondere ai nuovi bisogni, la crescita culturale, sociale e il benessere diffuso sono gli elementi da cui far partire ogni ragionamento. 

La Toscana è già dotata di un buon livello normativo e di una pianificazione regionale degna di nota in tal senso. Da alcuni anni, ad esempio, è stato istituito il Centro di coordinamento salute e medicina di genere. Il Centro costituisce lo strumento di impulso, raccordo e integrazione delle azioni e delle iniziative poste in essere per lo sviluppo di una rete multidisciplinare e multiprofessionale integrata e articolata per programmi individuali, con un approccio che tiene conto delle differenze di genere nella definizione dei percorsi diagnostico-terapeutici. Il Centro, costituito con delibera di Giunta regionale n.144/2014, è inserito fra le strutture del Governo Clinico regionale, di cui all’art. 43 della legge regionale n. 40/2015, e, insieme alla relativa rete regionale, opera per il raggiungimento degli obiettivi del sistema toscano per la salute e la medicina di genere. La legislatura 2020-2025 dovrà, a nostro avviso, concentrarsi sull’attuazione degli indirizzi già ben delineati, molti dei quali ancora solamente enunciati, attraverso un’organizzazione territoriale potenziata su questo fronte e in molti settori grandemente riformata rispetto a quella esistente. Partendo dal percorso nascita – senza dubbio il più rappresentativo del mondo femminile – sono stati depotenziati in molti territori i servizi di presa in carico delle donne e dei neonati. I consultori, per come li abbiamo conosciuti e apprezzati, in molte zone della Toscana hanno perso completamente il loro ruolo di informazione, prevenzione, diagnosi e cura. Non sono più neanche il luogo emblematico di supporto e protezione degli adolescenti che, oggi più che mai, hanno bisogno di essere consapevoli e ben orientati, perché la troppa informazione non è in alcun modo meno pericolosa della difficoltà di reperirla tipica del passato. Gli orari e le modalità con cui si offrono i servizi possono renderli di fatto inaccessibili o difficilmente fruibili, con una spesa pubblica che rischia di essere inappropriata e quindi inutile allo scopo. Per garantire una maggiore qualità assistenziale, servono una sostanziale centralizzazione dei consultori territoriali oltre ad una rete di trasporti adeguata ai consultori che dovranno essere aperti 8 ore per 7 giorni. La centralizzazione dei consultori, con un numero di professionisti sufficiente alle esigenze della popolazione, porta con sé una concentrazione di patologie diversificate. Da ciò si evince la necessità della presenza di un team di professionisti multidisciplinari. Il servizio consultoriale, inteso anche alla luce della nuova dimensione della salute di genere, può e deve diventare il fulcro attorno a cui ruotano molteplici servizi:

  • servizi a sostegno delle donne (ambulatori di menopausa, riabilitazione del pavimento pelvico, allattamento e puerperio a domicilio e ambulatoriale, gravidanza fisiologica);
  • pianificazione del percorso ambulatoriale per la pillola abortiva;
  • passaggio di consegna tra territorio e ospedale e viceversa, attraverso l’utilizzo del dossier sanitario, di programmi di cartella informatizzata comuni e di procedure che consentono il passaggio, dopo un ricovero dall’ospedale, al distretto;
  • istituzione della figura dell’ostetrica di comunità;
  • formazione specifica per il personale dei consultori.

Altro focus da non trascurare riguarda la ricerca sulla salute di genere attraverso cui attivare percorsi di specializzazione per promuovere l’attività scientifica e di ricerca con un’ottica di genere, visto anche la sempre maggiore attenzione che viene posta su questa tematica nella valutazione dei progetti finanziati dalla Comunità europea. L’uso potenziato delle nuove tecnologie (telemedicina, fascicoli elettronici, nuovi percorsi dedicati alla salute di genere) potrà facilitare i processi di presa in carico, diagnosi e cura. 

Le strutture di eccellenza presenti in Toscana devono poter servire tutto il territorio, attivando percorsi dedicati ai territori periferici o comunque distanti dalla specializzazione necessaria. Andranno altresì programmati in maniera diffusa percorsi formativi per il personale sanitario. La Regione potrebbe infine curare e co-finanziare un programma specifico da inserire nei temi di educazione alla salute proposti dalle SDS alle scuole per integrare i POF. Fondamentale è poi la comunicazione, sia per gli operatori che per i cittadini. Serve informare che esiste la medicina di genere e che esistono differenti sintomatologie oltre a diverse conseguenze per il controllo degli stili di vita. Altrettanto importante è comunicare questa visione di genere anche a chi opera nella programmazione dei servizi, nella pianificazione urbanistica, nell’associazionismo e nella società intera.