istruzione, formazione e cultura

L’emergenza sanitaria, oltre all’altissimo prezzo di vite e allo stravolgimento della quotidianità, ha amplificato i problemi strutturali del nostro Paese e imposto all’agenda politica nuove priorità che hanno come filo rosso la cura dei beni comuni, a partire dalla salute e dalla gestione delle risorse del nostro Pianeta. Nessuna economia può fiorire e rispondere ai bisogni di cittadini e cittadine, se non è costruita sull’ambiente, sulla inclusione, sull’educazione e sulle competenze.
Lo stretto legame che esiste tra il cambiamento e il ruolo delle competenze è azione strategica imprescindibile per mettere le persone in condizione di cogliere con la massima reattività le occasioni di ripresa che si potranno presentare nei diversi settori. Questo vale soprattutto per le donne che durante il lockdown hanno sorretto il Paese: i due terzi hanno lavorato fuori casa perché impiegate in settori strategici; altre hanno sommato allo smart working il lavoro di cura, senza il sostegno dei servizi pubblici e di altri aiuti; molte hanno continuato ad essere precarie; altre ancora non sono tornate a lavorare dopo la riapertura. Le donne che vivevano in condizioni di fragilità, purtroppo troppe volte anche di violenza domestica, sono state le più colpite.

Questo dipende soprattutto dal grado di consapevolezza e di opportunità avute grazie al percorso formativo e dal livello di istruzione. Il rispetto del genere nell’educazione e nella cultura è fondamentale per una società inclusiva. Esiste un chiaro legame tra economia, educazione e genere. Istruzione, formazione e lavoro non possono e non devono essere considerati come elementi a sé stanti, separati l’uno dall’altro, o come fasi diverse che scandiscono, aprendosi e chiudendosi in successione, i vari momenti della vita, bensì nei tre elementi che coesistono in ogni fase della vita. La nostra Regione, già nel 2009, si è dotata di una legge regionale in materia di cittadinanza di genere (L.R. 16/2009), con l’obiettivo di promuovere percorsi utili per colmare le disuguaglianze di genere e promuovere azioni positive in modo trasversale su tutte le politiche del governo della Regione. Questa importante ed innovativa legge deve essere per questo, nella prossima legislatura, potenziata ed incentivata anche alla luce dei nuovi finanziamenti dell’UE.

La prima vera discriminazione avviene nel momento in cui si dà per dato naturale che sia la donna ad occuparsi della cura dei componenti della famiglia e della casa oltre anche a lavorare. Per questo, dobbiamo valorizzare il lavoro di cura come fattore culturale, sociale e politico dove al centro stiano le persone, con le loro specificità e le loro individualità, non più come qualcosa di istintivo, legato per natura esclusivamente al femminile, ma come presa in carico della persona e come pratica che sostiene la vita. Per arrivare a questo cambiamento culturale sono necessarie azioni mirate che riguardano la genitorialità come alleanza educativa, per arginare stereotipi di genere e rafforzare stili genitoriali più consapevoli. L’istruzione è senza dubbio un importante mezzo di socializzazione, una sfera in cui è particolarmente importante progettare politiche che abbiano lo scopo di realizzare una maggiore uguaglianza di genere.

Se vogliamo che lo studio e la conoscenza siano la prima forma di emancipazione e di autonomia delle donne, la scuola e l’Università devono essere quelle previste dalla Costituzione: parità, accoglienza, differenza come valore e ricchezza. Serve quindi promuovere l’educazione al rispetto delle differenze, per creare relazioni consapevoli, responsabili e rispettose della persona. Il superamento degli stereotipi di genere va considerato nell’ottica più ampia dell’educazione sessuale e sentimentale. Questo è possibile in tutti i contesti educativi, sia scolastici che extrascolastici di cui fanno parte anche lo sport e le agenzie culturali. Altro aspetto da non sottovalutare riguarda il fatto che il programma per la valutazione internazionale degli studenti dell’OCSE rivela che il numero dei ragazzi che si immaginano come professionisti ICT, scienziati o ingegneri è di gran lunga superiore a quello delle ragazze.

In Italia, la percentuale di donne che occupano posizioni tecnico-scientifiche è tra le più basse dei Paesi Ocse: il 31,7% contro il 68,9% di uomini e solo il 5% delle quindicenni italiane aspira a intraprendere professioni tecniche o scientifiche. Nonostante anni di incentivi per superare il gender gap relativo alle materie STEM, le studentesse che scelgono queste materie sono relativamente poche. Eppure, le giovani italiane si trovano nei primi tre posti nel confronto europeo sull’interesse per le materie scientifiche e informatiche. Viceversa, ugualmente pochi sono i maschi che scelgono un percorso di scienze della formazione e dell’educazione. Serve pertanto investire sull’orientamento anche alla luce di questi dati.
Serve inoltre migliorare notevolmente le infrastrutture scolastiche e i servizi di trasporto pubblico in chiave ecosostenibile per una sempre maggiore sicurezza degli studenti e del sistema di servizi dedicati a loro, alle loro famiglie e ai lavoratori del sistema scolastico, risolvendo il problema delle molte carenze strutturali in edilizia scolastica ed il sovraffollamento delle classi. Bisogna altresì agire sui trasporti scolastici e pensare a città intelligenti e sicure.

La battaglia culturale deve coinvolgere tutti gli ambiti del linguaggio, della comunicazione, dell’informazione e della pubblicità. Il messaggio vincente non può essere quello che mostra determinati modelli femminili, ma quello che aumenta l’autostima delle bambine, delle ragazze, delle donne di ogni età, che le renda consapevoli delle loro potenzialità ed altrettanto nelle scelte di vita, di studio e di lavoro. Per arrivare a questo, c’è bisogno di un percorso su più piani, al quale la Regione Toscana può e deve dare il suo contributo attraverso:

  • la creazione di un osservatorio sul linguaggio di genere nella PA, nell’informazione, nella stampa, nel linguaggio politico;
  • libri di testo liberi da stereotipi e pregiudizi;
  • incentivi allo studio, alla ricerca e alla conoscenza delle tante donne che sono passate alla storia come protagoniste di eventi, fatti, ricerche scientifiche o scelte politiche rivoluzionarie ed innovative.

Anche lo sport, ritenuto comunemente la terza agenzia formativa dopo famiglia e scuola, è specchio fedele della società. La storia dello sport al femminile ne ricalca, nel bene e nel male, le vicende, ma con la particolarità di anticipare sviluppi e aperture che in altri settori hanno richiesto più tempo o più sforzi. Anche nel mondo sportivo la donna ha subito e subisce le stesse discriminazioni vissute in altri ambiti della società.

La legge sul professionismo sportivo femminile fissa un principio sacrosanto superando alcune discriminazioni non più tollerabili. Bisogna essere consapevoli, però, che riguarda una minoranza di atlete e non tutte le donne che praticano sport. Più in generale, la promozione di un’autentica cultura sportiva a livello di base può essere un forte fattore di integrazione.

C’è poi il settore della cultura che conta una presenza sempre crescente di figure femminili. In entrambi i casi, la Regione deve lavorare per una sempre maggiore legittimità di genere.